Sembra tutto rosa e fiori nei nostri viaggi zaino in spalla, tutto colori pastello o colori brillanti, tutto pulito e fresco, tutto che fila come da programma; questo solitamente è quello che traspare dei nostri viaggi dalle foto condivise su Instagram e sugli altri social.
Perché in fondo è così che voglio ricordare questa incredibile avventura, voglio dare risalto a tutti gli aspetti positivi e viene così spontaneo condividere solo le immagini più belle di un viaggio zaino in spalla che sogni da una vita, perché fa piacere poter trasmettere agli altri tutto quello che di bello hanno da offrire i paesi che stai visitando, perché belli sono i ricordi che ti porterei a casa e di cui parlerai, perché con il tempo le sfighe, i brutti incontri, i contrattempi ti faranno fare una risata e pensi che non valga la pena raccontarli. Per non sciupare il racconto di qualcosa di straordinario.
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Ma le sfighe, i contrattempi, la stanchezza e l’ansia in un viaggio da backpackers ci sono eccome e qui ho deciso di raccontarvi anche questo lato. Il dietro le quinte di un viaggio lungo quasi 3 mesi tra Perù, Bolivia e Cile.
Il primo argomento da affrontare, il più serio, quello in cui siamo stati più sfigati forse è la salute. La preoccupazione principale prima di partire per Perù e Bolivia era quella legata ai problemi che l’altitudine porta con sé. Le reazioni sono molto soggettive, ma possono essere anche abbastanza gravi da poter compromettere il viaggio. Da questo punto di vista ci è andata bene e ne abbiamo risentito solamente in termini di grande fiatone quando camminavamo e un leggero mal di testa i primi giorni in cui siamo saliti a quote maggiori.
Quello che invece non ci ha risparmiato sono stati i mal di pancia e di stomaco, almeno una volta ogni 3/4 giorni – a turno fra me e Gianni – da metà Perù a quasi la fine del percorso in Bolivia. Le condizioni igieniche di questi due paesi non sono idilliache – per usare un eufemismo – più volte abbiamo trovato capelli e peli nel cibo e un paio di volte ci siamo anche alzati dal tavolo dopo aver buttato un’occhio in “cucina”. Mi sa che qui i controlli dell’ASL non esistono! 🙂 Non vi dico lo spettacolo che abbiamo visto all’interno di un congelatore quando un negoziante lo ha aperto mentre noi eravamo ancora sulla porta! Ovviamente vi sto parlando di “ristoranti” dove i prezzi sono molto bassi. Se non ve la sentite e potete spendere di più, quasi ovunque trovate anche soluzioni migliori dal punto di vista igienico e qualitativo.
Il cibo, l’acqua, le differenti abitudini, non saprei, fatto sta che ci ricordiamo diverse corse in bagno o diverse difficoltà nel poter uscire a camminare per gli attacchi di mal di stomaco. Ovviamente anche qui è una reazione abbastanza personale, magari abbiamo difese immunitarie molto basse!
E poi vogliamo parlare della mia salmonella? Probabilmente ho mangiato carne poco cotta che non era stata proprio conservata nella maniera migliore. E volete sapere quanto mi è venuta? Ovviamente proprio in coincidenza dei 2 tour più belli di tutto il Perù. Salendo a Machu Picchu con il bus ho vomitato e ho passato tutto il tempo della visita con mal di stomaco. Mentre a 50 metri dalla cima delle Rainbow Mountain sono dovuta correre all’impazzata giù alla ricerca del primo bagno disponibile!!!! Per circa un’ora gli attacchi di mal di pancia sembravano non finire e non sentendomela di risalire in bus con tutti gli altri turisti (capitemi!) mi sono fatta accompagnare dal dottore che ci aveva seguiti durante l’escursione. Ormai mi era passato tutto ma ovviamente il dottore non poteva fare altro che accompagnarmi in ospedale dove mi hanno trattenuta una notte e prescritto antibiotici da prendere per 10 giorni.
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Viaggiare 2 mesi e mezzo zaino in spalla, soprattutto in paesi poveri come è stato per noi in Perù e Bolivia (in Cile la situazione è migliore) non è sempre una passeggiata, le comodità non abbondano e quando la stanchezza si fa sentire non sempre si riesce a riposare o a muoversi come si vorrebbe.
Se in Perù muoversi in bus è confortevole, in Bolivia proprio no! Gli autobus fanno il loro dovere, per carità, ma sono quasi sempre vecchi e spesso soggetti a qualche guasto durante il viaggio. Altri ragazzi incontrati lungo il viaggio ci hanno raccontato le loro disavventure ed anche noi siamo rimasti con il bus in panne per un qualche problema al motore. Eravamo su una strada a scorrimento veloce – diciamo che assomigliava ad un’autostrada delle nostre – quando il bus ha iniziato a viaggiare a tipo 20 km/h. Dopo un po’ il brusio dei passeggeri è aumentato ed i boliviani hanno iniziato ad inveire contro l’autista che a quel punto è stato costretto a fermarsi. Siamo stati un po’ fermi mentre i due autisti armeggiavano con il motore; per fortuna era giorno e lungo la strada c’era un prato dove noi passeggeri siamo rimasti ad aspettare. Pensate se l’autobus si fosse fermato di notte nel bel mezzo dell’autostrada!
Viaggiare in bus in Bolivia è abbastanza disagevole anche per il fatto che le strade spesso non sono asfaltate (molte volte anche in Perù a dire la verità) e riposare con tutte quelle buche è veramente un’odissea. Per non parlare poi di quando quasi in mezzo al bosco il nostro bus si è impantanato rompendo delle assi di legno che coprivano una bella buca. Una mezz’ora e un po’ di spinte dopo e via che siamo ripartiti!
Altro problema, soprattutto per me, dei bus della Bolivia è che nei viaggi diurni il bagno all’interno non è disponibile! Vi assicuro che una volta – non so cosa diavolo avevo bevuto! – mi scappava la pipì letteralmente ogni 10 minuti. A parte l’incazzatura iniziale con l’autista, che in fin dei conti non c’entrava niente, perché alla biglietteria ci avevano detto che il bagno si poteva utilizzare, dopo un po’ ho superato la timidezza e facevo fermare il bus appositamente per me per fare la pipì in mezzo alla strada. Il disagio. Ma se ci penso ora mi viene troppo da ridere XD
Viaggiare zaino in spalla, senza un itinerario preciso, prenotando all’ultimo, ti dà una grande libertà ma allo stesso tempo è anche molto stancante. Pensate ogni volta che tornate da una lunga giornata dove avreste voglia solo di buttarvi sul letto e invece dovete passare la serata su Booking a cercare l’alloggio per i giorni successivi o peggio ancora quando tutto questo vi tocca farla a piedi bussando di ostello in ostello cercando la tariffa migliore perché non avete prenotato niente per la sera stessa. Infatti, quando pensavamo che non valesse la pena prenotare in anticipo online semplicemente arrivavamo a destinazione e iniziavamo la ricerca a piedi. Zaino grande, zaino piccolo, macchina fotografica, smartphone in una mano e magari bottiglia d’acqua nell’altra.
Per non parlare di quando l’ostello l’avevamo prenotato ma non riuscivamo a trovarlo! L’ostello più nascosto del mondo a Cusco, il navigatore che aiuta fino a un certo punto, io e Gianni che ci urliamo contro perché ormai siamo esasperati, è tardi, abbiamo fatto ore in bus e vorremmo solo andare a letto. Io allora mi metto a sedere in terra in una stradina e lascio andare Gianni alla scoperta. Ubriachi e barboni che mi passano accanto per fortuna senza neanche guardarmi mentre me ne sto lì senza alcuna notizia per mezz’ora. Immaginate la gioia quando Gianni torna dicendomi di aver trovato l’ostello! Gioia immediatamente interrotta quando mi dice che non è proprio come nelle foto. Per arrivare nell’ostello si doveva passare all’interno di un negozio strapieno di icone religiose e inquietanti ritratti, accompagnati da un signore che non si capiva se avesse qualche problema o se fosse un po’ brillo ahaha
E che dire della sporcizia e delle condizioni di alcune camere. Buchi, muri scrostati, ragnatele, coperte a volte un po’ equivoche e strani odori dal bagno!
E voi, avete mai fatto un lungo viaggio zaino in spalla in posti come questi? Pensate di essere adatti o dopo i miei racconti non ve la sentite?! XD Io non posso che consigliarvelo comunque. Per quanta stanchezza accumulerete e quante disavventure incontrerete, quello che di positivo e bello vi può dare un viaggio del genere è inestimabile.
[…] Il primo tentativo documentato di scalare il Villarrica si ha nel 1883 quando un gruppo di soldati dell’esercito del Cile si cimenta nell’impresa, ma a causa di alcune complicazioni nella salita, la spedizione non ha successo. Ha invece esito positivo Guillermo Pollak, uno scalatore di origine ceca, nel 1930. Nella seconda metà del ‘900, l’ascesa al vulcano è diventata un’esperienza sempre più popolare, un vero e proprio mito per i turisti e i backpacker che viaggiano in Sud America. […]
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[…] Perché questo libro mi ha fatto viaggiare tanto? “Cent’anni di solitudine” è ambientato in un immaginario (o forse no?) paesino latino americano: Macondo. Un piccolo paese sperduto, solitario, polveroso, povero, che cresce e si sviluppa davanti ai nostri occhi in un vortice di storie e dettagli che non ci lascia più, palcoscenico di vite incredibili che si intrecciano tra di loro dove non mancano più o meno velati riferimenti storici e politici. Impossibile per me leggere le pagine di questo libro senza pensare ai piccoli paesini attraversati a Cuba e alle sue persone. E sicuramente non sono l’unica che lo ha letto rivedendo nel libro atmosfere simili a quelle vissute nei viaggi in America Latina. […]
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Hai fatto benissimo Sara a raccontare anche i retroscena! Non può essere tutto rose e fiori, specialmente stando via tanto tempo. Lo sai che abbiamo un’altra cosa in comune? Ci siamo sentite male a Machu Picchu! Che sfiga!
Mi piaceva raccontare anche un altro lato, diciamo più intimo. Noo mi dispiace che ti sei sentita male anche te, che sfiga!