Sono arrivata a La Paz senza sapere in pratica niente, immaginandomela come una qualsiasi grande e brutta città del sud America, una sosta intermedia di questo viaggio buona per riposarsi un attimo e passare velocemente a qualcosa di più interessante.
Sotto sotto però me lo sentivo che il paese che meno conoscevo, che la città più snobbata forse mi avrebbe potuto sorprendere e dare qualcosa. E così è stato.
La Paz condivide il titolo di capitale della Bolivia con Sucre. Nella prima hanno sede il potere esecutivo e legislativo, mentre nella seconda quello costituzionale ed elettorale ma è proprio quest’ultima, Sucre, ad essere considerata la capitale storica nella quale l’indipendenza venne firmata.
La Paz è piena di edifici fatiscenti che sembrano cadere a pezzi da un momento all’altro, fili della corrente che penzolano attorcigliati come ragnatele, talvolta tanto bassi e ingombranti che alcuni mezzi non possono transitare da certe strade per non rimanerci incastrati. Scritte sui muri, insegne un po’ tutte uguali ma che distinguono un negozio dall’altro nelle vie dedicate a quel tipo di attività o all’altra. Mercati all’aperto divisi in grandi settori che occupano strade intere e dove si trova letteralmente di tutto: dalle pozioni magiche in bustina vendute al turistico mercato delle brujas, ai vestiti che sembrano usciti direttamente dall’armadio anni ’70/’80 di nostra madre, a grandi quantità di lampadine in esposizione accese così abbaglianti da costringerti a camminare leggermente a distanza, e poi attrezzi di ogni genere.
El Alto un quartiere periferico, con il tempo diventato una città vera e propria. Una città povera dove si trovano numerosi bambini che vivono per strada e un famoso mercato che si tiene due volte a settimana e dove con molta probabilità potreste ritrovare quello che vi è stato rubato a La Paz. Ci dicono infatti che i ladrones sono molti qui, evidentemente gli avvertimenti a forma di pupazzo impiccato con elencate le punizioni che secondo i cittadini si meriterebbero non sembrano valere a niente.
Da El Alto provengono molte delle signore – dette Cholitas – in vestiti tradizionali e lunghe trecce nere che nelle vie del centro con il loro baracchino su ruote vendono cibarie varie, e poi a sera se ne tornano a casa in bus.
Gli uomini invece spesso scendono in città da El Alto per fare i lustrascarpe. Qui a La Paz i lustrascarpe sono quasi sempre nascosti dietro passamontagna per la vergogna di fare un lavoro tanto umile e essere riconosciuti dagli amici. Molti di loro sono veramente giovani e fanno questo lavoro per potersi permettere di pagarsi gli studi e aiutare la famiglia. Come tantissimi altri boliviani, i lustrascarpe hanno spesso una guancia gonfia, da far quasi effetto, dove tengono le foglie di coca che masticano ininterrottamente per combattere la fame e la fatica. Se queste figure inizialmente mi incutevano un po’ di timore per il loro aspetto celato, presto abbiamo scoperto come non siano così schive e misteriose come possono sembrare. Sono spesso inclini a un saluto a noi turisti e anche a qualche chiacchiera di cui siamo rimasti piacevolmente stupiti.
Plaza San Francisco è un teatro a cielo aperto. Ogni giorno culminano qui grandi manifestazioni a sostegno dei diritti dei lavoratori. E in un paese dove si vedono, per esempio, pochissime donne guidare, si nota con piacere come invece siano proprio loro quelle che durante i cortei urlano più ad alta voce, quelle che alzano e sventolano bandiere in prima fila scandendo slogan a nome di tutti i “compagni”. Sono le stesse donne che sui bus che viaggiano da una città all’altra della Bolivia comandano gridando all’autista un “vamos” o un “parate” quando qualche passeggero deve ancora salire o quando vogliono comprare carne al volo dalle signore che vendono lungo le strade.
Sono forse le stesse donne che cercano i loro figli e figlie. Come una pubblicità qualunque alla tv, alla stazione dei bus sul grande schermo, tra una candid camera e l’altra, scorrono le immagini di bambini, ragazzini e adolescenti – soprattutto femmine – scomparsi. Questo tipo di annuncio, in forma di volantino, lo si trova spesso anche fuori dalla piccole stazioni di polizia dei paesini o ai caselli per il pedaggio lungo le strade principali. E purtroppo queste sparizioni non fanno così strano considerando quanti bambini piccoli abbiamo visto spesso girare da soli o lasciati di guardia alla merce sui marciapiedi mentre le mamme che vendono si sono momentaneamente allontanate.
Ancora di più si fa caso al fenomeno sapendo che in Bolivia la prostituzione sopra i 18 anni è legale e leggendo quanto purtroppo lo sfruttamento minorile e il traffico umano siano diffusi da queste parti.
Altri volantini che si trovano nei ristoranti e nei locali di La Paz, e che molto dicono del temperamento della popolazione, ci ricordano che “todos somos iguales ante la ley”.
Il simbolo, però, del carattere rivoluzionario e poco diplomatico dei cittadini di La Paz è il Palazzo Presidenziale soprannominato Palacio Quemado (bruciato) da quando la popolazione gli dette fuoco nel 1875 durante una protesta. Numerosi sono stati gli omicidi che il palazzo e la piazza antistante hanno visto, l’ultimo dei quali è avvenuto nel 1946 quando l’ex presidente Villarroel venne trascinato e impiccato ad un lampione dalla folla.
Insomma, se c’è una cosa che i paceñi non sanno fare è stare zitti.
[…] e fatto amicizia. Ma devo anche dirvi che abbiamo viaggiato sia nelle grandi città come La Paz che in paesini minuscoli e sperduti e a noi non è mai successo […]
[…] vi siete anche chiesti: qual è la capitale della Bolivia? Sucre o La Paz? Bene, vi dico che a dispetto di quello che la maggioranza della persone possa pensare Sucre è la […]
[…] una brutto paesino con centinaia di agenzie che si può raggiungere da La Paz in bus in circa 10 ore (nella migliore delle […]
[…] raggiungere invece Copacabana – sponda peruviana – si può partire da La Paz in autobus e raggiungerla in circa 3 ore e mezza. Al contrario del Perù, in Bolivia le compagnie […]
[…] sicura, ma al tempo in cui questa era l’unica via di comunicazione possibile per collegare La Paz a questa zona le morti erano circa 300 all’anno. L’incidente più famoso è avvenuto […]
È sempre bello leggerti 😉
Grazie mille Paola 🙂
Mi è piaciuto tantissimo questo post, Sara. Bravissima! Hai colto delle sfumature della vita quotidiana che mi hanno fatto credere di essere lì e vivere l’atmosfera che si respira a La Paz.
Continua così! 😀
un abbraccione
Carlotta
Oh ma che bello questo commento! Mi fa proprio piacere Carlotta….grazie mille!