libri sulla cambogia

Come sempre, prima, durante e dopo un viaggio importante mi piace leggermi e informarmi sulla storia o sulla cultura di un paese. La Cambogia è un paese che sognavo da molto e ha una storia così complessa e drammatica che di libri da leggere sulla Cambogia ce ne sono vari.

Il filo rosso dei libri che ho letto è sempre la tragedia della dittatura dei khmer rossi. Un regime di impostazione comunista e maoista che è stato al potere nel paese dal 1975 al 1979. Per pur breve che il dominio sia stato, Pol Pot e i suoi seguaci si sono lasciati dietro fra il milione e mezzo e i tre milioni di morti. Quello che è passato alla storia come un vero e proprio genocidio: milioni di vite innocenti spezzate, senza pietà, con l’obiettivo di veder nascere un “uomo nuovo”, tornando al “vecchio”, al passato.

Ecco alcuni libri sulla Cambogia che ho letto e che mi hanno aiutato a comprendere meglio la storia di questo paese.

Libri sulla Cambogia da leggere prima di partire

Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia di Tiziano Terzani

Questo è il primo libro sulla Cambogia che ho letto, almeno 8-9 anni fa e che ho riletto prima della partenza. Si tratta di un insieme di articoli giornalistici apparsi sui maggiori quotidiani italiani e tedeschi per i quali il giornalista fiorentino ha lavorato come corrispondente dal sud est asiatico fra gli anni ’60 e ’90. In questo libro si ripercorre, come una vera e propria cronaca, la travagliata storia del paese. Dall’arrivo della guerra come propaggine di quella in Vietnam, il regno di Sihanouk, il colpo di stato del generale Lon Nol sostenuto dagli Stati Uniti, la guerra civile, il regime dei khmer rossi e la successiva molto lenta transizione verso la democrazia. In questo libro si capisce molto bene quanto la comunità internazionale e certa sinistra sia stata cieca nei primi tempi agli orrori del regime dei khmer rossi e la successiva ipocrisia e i giochi di potere dell’occidente una volta caduto formalmente il regime. Come sempre, oltre alla cronaca Terzani intervalla sempre molto bene il racconto dell’anima di un popolo e della sua cultura, con aneddoti e incontri con le persone del posto.

In un villaggio sulla Strada nazionale n. 1 mi hanno fatto vedere un giovane sui trent’anni che, temendo i khmer rossi potessero indurlo a confessare che era stato studente, aveva finto per anni di essere sordomuto. I khmer rossi sono spariti da mesi, ma lui non riesce ancora a parlare e davvero non sembra udire.”

First They Killed My Father di Loung Ung

Questo è forse il più famoso libro autobiografico ambientato ai tempi dei khmer rossi. L’autrice racconta la storia della sua infanzia e quella della sua numerosa famiglia, che da una vita normale a Phnom Penh si trova improvvisamente catapultata in una vita distopica nelle campagne durante gli anni del regime. La migrazione forzata verso le campagne e una vita fatta di lavoro in condizioni estreme, mancanza di cibo, soprusi, violenze e addestramento all’interno di un apparato militare fin da piccoli. Una realtà che strappa l’identità delle persone, la loro individualità, per amalgamarle in quelle di una collettività anonima, senza pensieri, senza emozioni, senza più legami di parentela. Dal libro, Angelina Jolie ha tratto un film che si trova anche su Netflix.

Il pittore dei Khmer Rossi di Vann Nath

Vann Nath è stato uno dei 7 sopravvissuti alla più grande e famigerata prigione del paese ai tempi della dittatura: Tuol Sleng (S-21) a Phnom Penh. Vann non sa esattamente di cosa sia accusato quando viene strappato da moglie e figli piccoli per essere imprigionato in città. Inizialmente il protagonista ci racconta la migrazione avvenuta in fretta e furia verso i villaggi di campagna, poi l’arresto e la vita in prigione fatta di violenze e terrore. Fino a che Vann Nath non viene convocato per mettere a servizio del regime il suo talento da pittore e così iniziare in prigione una vita leggermente più sopportabile. Un talento, quello per la pittura, che letteralmente gli ha salvato la vita; visto che chiunque passasse dalla prigione era inevitabilmente destinato alla morte. Vann Nath, invece, riesce a sopravvivere così fino alla liberazione per poi dedicarsi alla trasformazione di Tuol Sleng in museo. Un centro che ho visitato durante il mio viaggio in Cambogia.

“Mentre venivo fotografato, gli altri ammanettati insieme a me sedevano a terra. Una guardia mi fece una foto frontale e poi laterale; un’altra mi prese le misure della testa: così mi crearono una carta d’identità. Lasciandoci tutti legati tra noi, ci fotografarono uno alla volta. Alla fine ci bendarono di nuovo.”

L’eliminazione di Rithy Panh

Rithy Panh è un regista cambogiano che dopo il regime si è trasferito in Francia. Attraverso questo libro ripercorre la sua infanzia e la sua storia negli anni dei khmer rossi e intervalla il passato con gli incontri nel presente con il boia di Tuol Sleng, Duch. Attraverso il suo lavoro come regista, infatti, l’autore si è ritrovato negli anni a scavare negli orrori del regime intervistando alcuni leader del movimento, assassini, guardie, sopravvissuti, ecc., nel tentativo di raccontare la verità. Viene fuori il ritratto di un uomo tormentato dai fantasmi e di un altro che tenta ancora di tutto per sottrarsi alle sue responsabilità.

I Khmer rossi vogliono modellare i corpi, le parole, la società, il paesaggio. Le varietà di riso della mia infanzia sono sparite nel giro di qualche mese – il “fiore di gelsomino”, il “fiore di zenzero” o le “fanciulle pallide”. Ci è rimasto un solo tipo di riso, bianco, senza nome. Poi ci è rimasta la fame.

Un altro suggerimento: ancora non l’ho visto, ma per completare questo percorso nella storia cambogiana, uno dei film più famosi che racconta questo periodo è Urla del silenzio di Roland Joffé.