Quello in queste terre è tutt’altro che un viaggio facile. E non perché sia complicato organizzarlo, anzi, ma lo diventa quando si cerca davvero di capire quello che si sta vedendo.
Più leggo, più ne sento parlare, più discuto e più faccio domande alle guide o alle persone del posto con le quali ho avuto modo di trascorrere del tempo, e più la questione mi sembra complicata. Tutte le informazioni che mi arrivano non fanno altro che aumentare la mia sensazione di non saperne niente. I confini, i controlli, le limitazioni, i regolamenti, le leggi, le scappatoie, le comunità, le lotte, le identità, le religioni. Quante conoscenze dobbiamo mettere alla prova e incastrare fra loro per capire qualcosa di una storia così travagliata?
Niente è semplice qui; e se si viaggia per ricercare qualcosa in più di una bandierina da attaccare alla cartina sulla parete di camera, c’è molto su cui riflettere. E spesso tacere, perché non ne conosciamo mai abbastanza. Vorremmo forse poter ridurre il tutto a “ebrei contro musulmani”, “israeliani contro arabi”. Ma c’è molto di più. Tutti gli ebrei sono a favore dello stato di Israele? Quali ebrei? Quale stato di Israele? Basta leggere un po’ di più delle solite guide su “cosa fare e vedere” per scoprire che questa piccola striscia di terra affacciata sul nostro Mediterraneo nasconde infinite sfaccettature difficili da cogliere. C’è la Green Line e c’è il Muro di separazione, c’è Gerusalemme Est, la Cisgiordania o West Bank e la striscia di Gaza, i Territori Palestinesi, le terre occupate, le terre contese; i terroristi e i moderati, i coloni e i pacifisti, ebrei ultra sionisti e ebrei anti sionisti, palestinesi israeliani e palestinesi rifugiati e apolidi; poi ci sono gli ebrei ultra-ortodossi, i cristiani, i copti, gli armeni, gli afro-palestinesi e afro-ebrei.
E chissà quante altre sfaccettature di questa società non conosco e mai conoscerò. Ogni comunità, ogni piccolo gruppo con i suoi usi, costumi e tradizioni ben radicati, tipici e secolari. Usi che hanno in qualche modo plasmato questa società. Basta pensare alla giornata dello Shabbat, dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato, quando quasi tutto si ferma. Sono infinite le limitazioni alle quali un ebreo osservante deve sottostare durante questa giornata; niente lavoro o scambio di denaro fra tutti, e quindi niente mezzi pubblici o attività aperte. In particolare a Gerusalemme lo Shabbat è molto sentito e praticato.
Gerusalemme è magia, è misticismo, è religione, è spiritualità, è mistero, è cultura e tradizioni. Lo si respira ad ogni passo, ed ogni cosa intorno a noi ce lo ricorda costantemente. Le bandiere israeliane e le Menorah in tutte le salse e dimensioni nell’elegante quartiere ebraico, la confusione e gli odori dei souk musulmani, le monumentali e familiari chiese cristiane, le bellissime ceramiche armene. Il tutto nello spazio di pochi passi; svoltare un angolo significa entrare in un mondo nuovo.
Fra il mix di culture ed identità che si vedono in giro, in città noterete presto alcuni ebrei che non potranno che destare la vostra curiosità e attenzione: sono gli ebrei ultra-ortodossi, quelli vestiti di nero che indossano un cappello dal quale fuoriescono due ciocche di capelli ricci ai lati. Quello alla scoperta del loro quartiere, Mea Shearim, della loro storia e del loro modo di vivere è sicuramente una delle esperienze più interessanti fatte durante questo viaggio. È incredibile come coloro che a noi sembrano tutti uguali, in realtà, ad un occhio attento ed esperto piccoli dettagli rivelino le loro grandi differenze di origine e appartenenza.
Non sono solita partecipare a visite guidate, ma in questa città ritengo che farlo sia indispensabile. Una realtà così complessa e ricca merita almeno una visita più approfondita in compagnia di qualcuno a cui fare tutte le domande possibili per soddisfare i nostri dubbi e le nostre curiosità.
Un altro aspetto che appare subito chiaro dello stato israeliano, in particolare a Gerusalemme, è il suo carattere militare.
“Israel is a military state that got a nation from the U.S.”
Così ci dice, fra il serio e il faceto, una delle guide palestinesi che ho conosciuto, mentre ce ne stiamo a pochi passi da un gruppetto di militari che chiede i documenti ad un arabo. Le forze armate a Gerusalemme sono una presenza incombente che non può passare inosservata. La questione sicurezza in Israele è sempre un argomento caldo. Così per le strade potete incontrare polizia, forze speciali o esercito. E dato che il servizio militare nel paese è obbligatorio, sia per uomini che per donne, e solitamente viene svolto dopo le scuole superiori, per le strade incrocerete decine e decine di ragazzini che portano in giro delle armi più grosse di loro. La prima volta ammetto che fa uno strano effetto, ma poi ci si fa l’abitudine e sarete pronti anche ad incontrarne qualcuno in borghese che con il mitra a tracolla si fa una birra con gli amici. L’importanza cruciale di una città come Gerusalemme la si capisce ancora di più se messa in contrasto con una città come Tel Aviv, dove invece la presenza delle forze armate è veramente minima. E il lungomare con i suoi surfisti, anche d’inverno, e locali, ricorda tutto tranne che la Terra Santa.
Quella delle forze armate è una questione molto sentita, soprattutto da parte della popolazione araba che quotidianamente, senza apparenti motivi, può essere perquisita e umiliata. Questo può accadere in città, senza pensare poi a tutte le forze mobilitate lungo il muro, sulle torri di controllo e ai check-point. Letteralmente sopra le teste dei palestinesi pende una minaccia che può tramutarsi in drammatica realtà ogni giorno. Come nel centro rifugiati di Aida, a Betlemme, dove le forze israeliane entrano ancora nel cuore della notte per intimidire ed arrestare. Una situazione comune a tutti gli altri campi di rifugiati e a città come Hebron dove gli scontri tra coloni e palestinesi sono sempre molto accesi.
Un po’ di pace arriverà mai per tutte queste persone? Parte del problema, che evidentemente in troppo pochi vogliono risolvere, sta anche nel sistema scolastico profondamente divisivo. Arabi ed ebrei frequentano scuole diverse fino agli anni dell’università, quando ormai sei un adulto già formato che avrà difficoltà ad aprirsi ed integrarsi con l’altro se fino a quel momento non l’ha mai fatto. Se di fatto si frequenta la stessa università, di consuetudine gli arabi si siederanno da un lato dell’aula e gli ebrei dall’altra.
Tanta carne al fuoco per capire qualcosa di questa terra: presto pubblicherò consigli di lettura su Israele.
Un viaggio qui non è sufficiente.
Io sto già pensando al prossimo! E voi?
Sono tornata da pochi giorni da un pellegrinaggio in Terra Santa.L’esserci andata,mi ha fatto vedere le cose in modo molto diverso da come le percepivo da qui.Sto già pensando di ritornarci x cercare di capire un po’ di più,oltre la religione.
Sono sicura che sia stato un viaggio speciale, lo è stato anche per me che non sono credente. Grazie per essere passata!
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