Ci sono stati due libri in particolare che mi hanno accompagnato in questo viaggio a Berlino di 4 giorni nel 2024: La chiave di Berlino di Vincenzo Latronico e C’era una volta la DDR di Anna Funder.
Questo post sarà a metà tra la recensione dei due libri e una passeggiata letteraria in bianco e nero a Berlino per mezzo delle loro parole.
La chiave di Berlino di Vincenzo Latronico
Questo libro è a metà strada tra un saggio e un romanzo autobiografico; l’autore ha vissuto nella città in due periodi differenti della sua vita, a inizio anni duemila e appena dopo la pandemia. Attraverso il suo racconto Latronico ci conduce attraverso le trasformazioni della città e come queste hanno influenzato la sua vita e quella di numerosi giovani expat, ma non solo. L’autore esplora molti ambiti della città e della vita berlinese: dal mondo dell’arte nel quale lavorava, al mercato immobiliare, alle trasformazioni dei quartieri e ai famosi rave a base di techno e droghe. Il racconto non solo di una città ma di una generazione che per un periodo ha visto in Berlino l’opportunità di vivere libera ed esprimere sé stessa.
A Milano gli spazi ci venivano sottratti, il tempo era occupato dal bisogno di soldi; a Berlino ci sdraiavamo sull’erba dell’aeroporto o sul pavimento di legno di una stanza enorme e guardandoci intorno ci sembrava tutto infinito.
Insomma: in quel tratto di canale, prima e più intensamente che altro, ha preso sostanza in me l’idea che una città non sia innanzitutto un luogo politico – il punto di intersezione di storia e geografia, dove si scontrano pressioni sociali e forze produttive – ma un modo di vivere che si può scegliere per gusto e affinità, un lifestyle.
Questa è un’ottima sintesi del protocollo operativo della flânerie, che nella definizione di Walter Benjamin
è una protesta «contro la divisione del lavoro»: un’attività artistica ma improduttiva, di mero assorbimento.[…] Il flâneur è il «sacerdote del genius loci», ha scritto anche Benjamin, parlando di Hessel: perché, quasi senza volerlo, il suo vagabondare animato dalla curiosità per la città lo porta a esperirne in maniera immediata e diretta l’essenza.
Le camicie brune […] partivano in lugubre processione attraverso il Tiergarten, dirette a Bebelplatz, poco distante oltre la porta di Brandeburgo. Il rogo dei libri che vi ha avuto luogo il 10 maggio 1933 è un simbolo d’orrore noto in tutto il mondo […]. Nello straziante monumento al rogo dei libri su Bebelplatz – una libreria sotterranea visibile da un tombino in vetro, gli scaffali grigi perfettamente vuoti – si commemorano «scrittori, giornalisti, filosofi e scienziati».
Per molti versi la KW – originariamente chiamata Kunst-Werke, «centrale artistica» – è stata il cuore, o il centro irradiante, della scena in cui sarei poi arrivato io. Alla caduta del muro era una fabbrica abbandonata Mitte, il vecchio centro della città dell’Est; nel 1991 un gruppo di artisti e curatori ha deciso di stabilirci uno spazio espositivo e una serie di atelier.
Mentre ero via, nella città dell’abbondanza è apparsa la scarsità. La ricerca di un appartamento mi ha aperto gli occhi sugli altri modi in cui la città si era trasformata. Con la fine del lockdown le strade si erano ripopolate […] ma se qualche mese prima ero stato colpito da come tutto fosse uguale al 2009, ora ciò che notavo erano soprattutto le differenze. I dehors dei locali sgranati lungo la Kastanienallee, dove un decennio prima avevo scoperto che si poteva lavorare dal bar, ora vietavano di stare ai tavolini coi laptop per favorire la circuitazione dei turisti.
L’evoluzione che ho raccontato è l’evoluzione recente di tutte le grandi città occidentali. Il vuoto di cui Berlino era piena – un vuoto simbolico e fisico – ha fatto sì che il processo qui fosse
rapido e violento; ma non è unico, perché nulla è più unico.
C’era una volta la DDR di Anna Funder
Questo secondo libro invece racconta dell’indagine di una giornalista australiana che negli anni novanta e i primi duemila si è messa sulle tracce di vecchi agenti della Stasi (il titolo originale infatti è Stasiland) e di persone comuni che hanno silenziosamente, o meno, cercato di resistere all’apparato oppressivo della DDR. Ho trovato il libro per certi versi interessante e avvincente, ma secondo il mio gusto personale tratta argomenti da saggio, si tratta di una vera inchiesta, in maniera troppo romanzata. Per tante pagine ho avuto il dubbio che mi stessi sbagliando e che in realtà stessi leggendo “solo” un romanzo. Particolarmente efficace invece la postfazione dove l’autrice parla delle difficoltà di pubblicazione a cui il libro è andato incontro in Germania e a come ex agenti della Stasi si siano perfettamente riciclati e integrati nella Repubblica Federale, ricoprendo ruoli di alto profilo.
Quando Torsten dice: «Sono contento che non ci sia più, e sono contento anche che ne sia rimasto così poco da vedere. Mi ricorderebbe che potrebbe tornare. Che tutto quello che è successo potrebbe fare marcia indietro». «Ma non sarebbe possibile!» esclamò ridendo. Mi guarda con serenità. «Ma tutto è possibile» ribatte. «Non si può mai dire che qualcosa non è possibile.»
Altri consigli di libri su Berlino
Alcuni altri libri su Berlino che avrei voluto leggere:
- Berlino segreta di Franz Hessel
- Infanzia berlinese di Walter Benjamin
- Berlino. The passenger (Collana Iperborea)
- L’anno che cambiò il mondo di Michael Meyer
- Berlino. Tra ostalgie, muro e città socialista di Davide Rossi
- Addio a Berlino di Christopher Isherwood
Voi avete letture su Berlino che vi hanno colpito particolarmente?